Fotografia e Scienza


La macchina fotografica come 
prolungamento dell'occhio umano

Nel campo della documentazione e dell'illustrazione visiva, preminenti nelle ricerche di polizia, la fotografia in genere svolge un ruolo di grande importanza e spesso determinante nel conseguimento di una prova. Si può dire anzi che la polizia scientifica moderna sia progredita proprio con la fotografia, basandosi in primo luogo sulla segnaletica, che ha costituito la base di tutte le altre applicazioni fotografiche nel campo della polizia e in quello giudiziario. Sembra che la prima fotografia segnaletica sia del 1854 quando un giudice del tribunale di Losanna fece eseguire il ritratto di un prigioniero mediante il sistema della dagherrotipìa e ne fece trasmettere diverse copie alle polizie dei vari cantoni della Svizzera. Con il diffondersi della fotografia si cominciarono a ritrarre, soprattutto nei grandi centri, i pregiudicati più pericolosi. Aumentando il numero delle fotografie, sorse la necessità di una classificazione atta a facilitare la loro ricerca negli archivi. A tale scopo, si incominciarono a uniformare il formato delle foto e la posa del soggetto, fino ad allora lasciate all'arbitrio del fotografo.

impronte digitali

Impronte digitali ingrandite. E' evidente la somiglianza tra le due foto: quella a sinistra ripresa sul luogo di un delitto, l'altra conservata in archivio dalla polizia.

Il segnalamento fotografico si basa su norme precise: la ripresa viene eseguita perfettamente di fronte e perfettamente di profilo. Il profilo, sempre quello destro, offre soprattutto la possibilità di rilevare la forma caratteristica di alcuni connotati, come il naso e l'orecchio, che servono per l'identíficazione di persone non conosciute, mentre l'obiettivo riproduce il vero stato delle cose con esattezza, senza trascurare o alterare nulla. Inoltre sulla negativa fotografica le impressioni si sommano, per cui una lunga esposizíone raccoglierà dei particolari tanto lievi da sfuggire all'osservazione visuale. Infatti l'occhio non percepisce, anche prolungando l'osservazione, molto più di quanto ha registrato nella sua prima impressione, perchè non ha la capacità di accumulare le percezioni. La negativa invece accumula la luce e durante il tempo di una lunga esposizione registra anche l'immagine di particolari così poco marcati che l'occhio non riuscirebbe mai a percepire.

Della massima importanza è il rilievo fotografico e il successivo ingrandímento delle impronte digitali, il più valido mezzo di identificazione dei criminali. Un altro ramo importantissimo della criminologia è costituito dalla balística, che esamina i fenomeni e i problemi che sorgono in seguito all'uso delle armi da fuoco. 1 bossoli e i proiettili vengono macrofotografati, cioè ripresi con ingrandimento diretto; dalla negativa così ottenuta si esegue un ulteriore ingrandimento fìno a ottenere una dimensione sufficiente per un esame agevole. La ripresa fotografica dell'interno della canna delle armi da fuoco viene fatta invece con un apparecchio munito di una sorgente di luce e di un obiettivo che trasmette l'immagine all'apparecchío fotografico posto sopra la canna dell'arma. La macrofotografia di bossoli e di proiettili e le microfotografle di frammenti servono poi come documentazione da allegare ai procedímenti giudiziari sia nella fase istruttoria che in quella di tribunale.

Il primo e più vasto campo d'applicazione della fotografia alla criminologia è costituito dal "sopralluogo fotografico" che consiste nel rilevamento effettuato mediante riprese fotografiche panoramiche e particolareggiate di scene delittuose o di avvenimenti che interessano la giustizia. La superiorità della prova fotografica rispetto ad altri mezzi di rilevamento visuali, grafici e persino elettronici è basata sul fatto che la fotografia costituisce un mezzo di riproduzione meccanico, che nel ritrarre la scena o l'ambiente non subisce influenza o valutazioni soggettive. Infatti nella narrazione di un fatto o durante l'esame di un luogo dove è accaduto un disastro, un infortunio o un delitto, vi è sempre un contenuto soggettivo che può falsare l'obiettività nella ricostruzìone dell'accaduto.

Molti altri sono i campi scientifici e tecnici che si prestano a un'applicazione della foto all'infrarosso. Nell'industria tessile, per esempio, è possibile distinguere nelle varie partite di filato quello che è stato tinto con un medesimo tipo di colorante da quello tinto con un altro tipo del medesimo colore, oppure si possono individuare tipi diversi di fibre tessíli apparentemente eguali nell'aspetto esteriore. Al Musée de l'Homme a Parigi sono stati compiuti interessanti studi etnografici sui tessuti colorati di origine asiatica e africana per individuarne i componenti e le origini. Per esempio, l'esame di fotografie all'infrarosso di ornamenti indocinesi ha rivelato che essi sono intessutì con fili di seta tinta con coloranti naturali come curcuma, garcinia, cunao, ecc. Nel campo dell'archeologia basti ricordare le belle immagini che l'infrarosso ha rivelato nelle grotte spagnole di Lascaux e di Altamira, portandole alla luce dal sonno della preistoria.

Si tratta di bellissime immagini grafiche invisibili a luce normale, nelle quali gli studiosi hanno potuto osservare in ordine cronologico le sovrapposizioni, le cancellature e anche i pentimenti dell'artista che migliaia e migliaia di anni fa le aveva create. Nel lontano 1839, Arago, presentando all'Accademia delle Scienze di Francia le scoperte di Niepce e di Daguerre, poneva agli accademici sorpresi la seguente domanda: "Può la fotografia essere utile alle arti?". Oggi noi possiamo rispondere affermativamente di si.
Lo studio dei capolavori della pittura o della scultura e degli oggetti d'arte e di archeologia in genere, rende necessari da parte dello specialista lunghi esami, ad occhio nudo, sotto differenti radiazioni, talvolta al microscopio. Queste osservazioni fuggitive possono essere fissate soltanto dalla fotografia la quale, amplificando il potere dell'occhio, permette di scoprire l'invisibile.

La Gioconda di Leonardo Da Vinci         La Gioconda, particolare

Il misterioso sorriso della Gioconda: la fotografia riesce a rendere visibili i segni del tempo e l'inarrivabile pennellata di Leonardo.

Mentre la comune riproduzione fotografica, in bianco e nero o a colori, si dimostra preziosa per illustrare le opere d'arte e i ritrovamenti archeologici, la macrofotografia (che consiste nell'ottenere ingrandimentí senza l'uso del microscopio) ha il merito di isolare e di ingrandire particolari spesso trascurati e di insegnarci a vedere. Le monografie di artisti o di quadri sempre più di frequente pubblicano macrofotografie; tuttavia queste fotografie ingrandite nei particolari non sono altro che una scelta fatta dall'occhio dello storico o del critico in funzione del fascino o dell'interesse del brano in esame. Quando invece si isola un frammento di quadro senza tener conto del soggetto e poi si registra questo documento su pellicola (o con sistemi digitali) e lo si ingrandisce, la macrofotografia ottenuta rivelerà la "scrittura" del pittore, la forma del suo tocco, senza badare al soggetto. L'immagine così risultante, una figura astratta ma ricca di personalità, mette in evidenza il genio proprio dell'artista.

Se i meriti dell'ingrandimento sono un mezzo incontestabile per studiare e controllare la qualità di una opera d'arte e per esaltarne le più segrete bellezze, quelli della microfotografia non sono minori. Il procedimento consiste nel registrare fotograficamente, per mezzo del microscopio, le varie fasi dell'esame al quale lo specialista sottopone l'opera d'arte. Il campo del microscopio non rivela nulla del soggetto, delle forme e dei valori voluti dall'artista: sono percettibili soltanto la materia utilizzata dal píttore, le sue caratteristiche (leganti, pigmenti), le sue alterazioni, le bolle, i sollevamento, le screpolature. Tutti questi sono elementi indispensabili per coloro che sono incaricati di conservare o restaurare le opere d'arte, oppure di compiere perizie per garantire l' autenticità dell'opera, individuare restauri precedenti o falsificazioni. Le tecniche cui abbiamo accennato utilizzano, nella maggior parte dei casi, solo la luce artificiale.

Lo stesso avviene con la fotografia "a luce radente". Il procedimento, messo a punto verso il 1925 da F. Perez, ambasciatore dell'Argentina a Roma, fu sperimentato dapprima su parecchie opere d'arte italiane. Si tratta di una tecnica che usa un fascio luminoso parallelo alla superficie dell'opera d'arte da studiare, così da ottenere un'immagine del quadro tale da metterne in evidenza tutte le asperità: in tal modo le stratificazioni successive apposte dall'artista sulla tela o sulla tavola prendono un rilievo che consente di dissociarle, di rìtrovarne il ritmo e di individuare inoltre tutte le alterazioni del supporto, sia esso di legno che di tela. La fotografia ultravioletta, a sua volta, mette in evidenza le alterazioni chimiche della superficie e gli aspetti invisibili dell'opera presa in esame, servendosi della proprietà che hanno i corpi di emettere, sotto i raggi ultravioletti, una fluorescenza che è loro propria.

La fotografia, registrando l'aspetto del quadro sotto questa radiazione, ci fornisce un documento davvero rivelatore: se il quadro è sano, apparirà ricoperto di una vernice fluorescente che lo coprirà dì un velo regolare, come una mussola trasparente. Se invece appaiono chiazze più o meno scure, bisogna concludere che durante i secoli il quadro ha subito restauri. Talvolta il restauratore vela i suoi ritocchi con una vernice opaca ai raggi ultravioletta, seguendo un procedìmento che certi mercanti poco scrupolosi non ignorano. Allora, senza toccare il quadro, è necessario tentare di vedere al di là della vernice e ciò non è possibile se non con l'aiuto della fotografia all'infrarosso, che ha la virtù di registrare su pellicole o lastre specialmente sensibilizzate lo stato del quadro oltre lo strato superficiale appostovi dall'artista (velature, vernici) o dal tempo (polvere, vernici ingiallite, ecc.), perchè queste radiazionì hanno la proprietà di attraversare certi materiali e di venire riflesse da certi altri, dando origine a immagini insospettate.

Gli infrarossi permettono anche di ritrovare tracce di firme oscurate da vernici o da velature, oppure scritte cancellate su quadri, oggetti di legno, pergamene. La fotografia, lo abbiamo visto, è impiegata come potente mezzo di ricerca in molti rami del sapere. Tuttavia, nel caso dell'astronomia più che di servigi è giusto parlare di intimi legami. Fin dal 1842 si tentò di registrare mediante una lastra dagherrotipa l'inimagine del sole durante un'eclisse. Il tentativo non ebbe successo, ma undici anni dopo fu possibile ottenere l'immagine della tenue corona solare. Già nel 1850 l'astronomo Bond, dell'osservatorio Harvard, presso Boston (Stati Uniti) era riuscito a fotografare prima la Luna e poi una stella, Vega, attraverso un telescopio di 38 centimetri d'apertura. Ben presto gli astronomi diventarono ottimi esperti e i più esigenti tecnìci della fotografia e seguirono o prepararono assiduamente i suoi sviluppi tecnici.

Quali sono i vantaggi che la fotografia offre all'astronomo rispetto alla osservazione visuale? Molti e importantissimi. In primo luogo la fotografia registra l'immagine in modo permanente. Ciò che è stato fotografato in una notte serena potrà essere studiato in qualunque momento successivo ed eventualmente paragonato con altre fotografie prese in epoca diversa. Questa è una prerogativa importantissima per l'applicazione a ogni ramo della scienza, ma addirittura essenziale per l'astronomia. Basti qualche esempio fra i più caratteristici. Supponiamo di aver fotografato una certa regione del cielo: sulla lastra ci sono migliaia e migliaia di immagini stellarí, alcune più evidenti, altre più deboli. Per raccogliere questa miniera di informazioni basta qualche decina di minuti, spesso meno. La lastra, esaminata poi in laboratorio con un apposito misuratore, darà le coordinate, cioè la posizione (rispetto all'osservatorio terrestre) di tutte le stelle registrate.

Se, dopo un certo intervallo di tempo che può essere un anno come cinquanta, si fotografa la stessa regione del cielo, si potranno misurare di nuovo le coordinate e confrontarle con quelle trovate nel primo fotogramma, scoprendo così quei pochíssimi casi in cui una stella si è spostata in modo apprezzabile a causa del suo "moto proprio" nel cielo. a ricerca del genere, eseguita solo visualmente, avrebbe richiesto mesi e mesi di osservazioni, senza contare che non si sarebbe mai pouta estendere a tutta la sfera celeste anche impegnando generazionì e generazioni di studiosi. Molto utile in astronomia è anche il fatto che la fotografia "accumula" le radiazioni ricevute, a dìfferenza dell'occhio. Così sorgenti di luce debolìssime possono essere registrate con un tempo di posa sufficientemente lungo. Gli astronomi ínfattì sono assillati dal problema di regìstrare stelle sempre più deboli e di arrivare, per mezzo della fotografia, a esplorare regioni dell'universo sempre più lontane.

Essa permette di registrare l'immagine di stelle un centinaio di volte più deboli delle ultime visibili col telescopio. Stelle cento volte più debolì vuol dire, in medìa, dieci volte più lontane, il che signìflca in definitiva che l'universo accessibile alla fotografìa è mille volte pìù esteso di quello accessibile all'occhio attraverso il più potente dei telescopi. Ecco, perchè la stragrande maggioranza delle attuali osservazioni astronomiche non si compiono più guardando attraverso il telescopio, ma affìdando alla lastra fotografica la registrazione di tutto ciò che appare nel cielo, anche quello che l'occhio è incapace di vedere. Ma le benemerenze astronomiche della fotografia non si esauriscono qui. Le emulsioni sensibili all'ultravioletto e all'infrarosso hanno offerto la possibìlità di estendere le ricerche astrofisiche anche a radiazioni celesti che per l'occhio rimarrebbero sempre misteriose. Il messaggio luminoso che proviene dalle stelle sarebbe rimasto senza la fotografia all'ultravioletto e all'infrarosso, in buona parte indecifrato, e proprio nei suoi aspetti più interessanti.

L'umanità si trova all'inizio di una nuova epoca. La conquista dello spazìo è ormai iniziata. Satellitì artificiali, sonde interplanetarie, razzi si spingono in regioni che sono al di là dell'atmosfera terrestre e l'uomo ha cominciato a seguirli. Ma prima di lui, la macchina fotografica, che già ci aveva offerto immagini della Terra vista dal pallone e dall'aereo, ha raggiunto questo regno. Non esistono infatti per essa difficoltà fìsiologiche o limiti funzionali da superare.
Fu un colpo sensazionale nel campo delle prime esplorazioni spaziali per esempio quando, il 4 marzo 1947, un razzo V-2 recante a bordo una macchina fotografica automatica riuscì a salire a un'altezza giudicata allora vertigínosa: l'otturatore scattò a 160.000 metri. Quando ìl "laboratorio volante" ritornò al suolo con il paracadute, la macchìna portò la prima fotografia ripresa dallo spazio, da una regione nella quale in pratica non c'è atmosfera.

In seguito, sempre servendosi di razzi recanti a bordo apparecchi fotografici, furono eseguite altre riprese di questo genere, da 200 mila metri e oltre. Da quelle altezze, la nostra Terra pare rimpicciolirsi, mentre i segni di vìta diventano sempre più insignificanti. "Vista da un certo punto extra-terrestre, tutta la vita sul nostro pianeta sembrerebbe ridotta solo a un po' di muffa verdastra su una sfera gigantesca" ha scritto un celebre astronomo americano. La macchina fotografica si è spinta poi ancora più lontano, quando nell'ottobre del 1959, ha registrato, da bordo del Lunik III, le prime immagini dell'emisfero opposto della Luna, fino ad allora celato da millenni agli sguardi terrestri.
Di grande interesse e di indubbia utilità pratica per la meteorologia sono state anche le migliaia di immagini televisive, tradotte in nitide foto, trasmesse dai satelliti artificiali. Con i primi di essi i Tiros ebbe inizio anche la tecnica della ricognizione fotografica spaziale.

E poi la Terra vista dallo spazio, una meraviglia! Per non parlare dello sbarco dell'uomo sulla Luna e delle meravigliose fotografie che i primi astronauti hanno scattato.
Vedere le bellissime foto che pubblichiamo.
Rimarrà per sempre nella storia dell'Umanità la famosa fotografia di Armstrong che scende la scaletta del modulo lunare o quella ravvicinata della prima orma umana o, ancora, la stupenda visione della Terra fotografata dallo spazio.

Fotografie che hanno documentato per la prima volta, come in un vero e proprio reportage, un avvenimento unico ed irripetibile della storia dell'umanità (per il suo valore storico ed i significati che portava con sè). Ma anche fotografie di grande, incommensurabile valore scientifico. Fino ad oggi solo gli astronauti hanno potuto vedere con i propri occhi la Terra e gli altri corpi celesti dallo spazio, ma, grazie proprio alla fotografia, ai suoi sviluppi ed alle tecniche raffinate ad essa legate, anche noi comuni mortali abbiamo potuto essere partecipi di qualcosa che senza l'aiuto della Fotografia, non avremmo potuto vedere mai.

Vai a:

FOTOGRAFIA E SCIENZA 1
PRIMA PARTE