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Com'è fatta
la macchina fotografica

Il diaframma

Diaframma a lamelle: all'interno dell'obiettivo regola la luce che va sull'elemento sensibile

Il diaframma è un elemento meccanico con una funzione molto importante: in alternativa o in combinazione con l’otturatore, consente di regolare la quantità di luce che raggiunge il materiale sensibile, intercettando i raggi luminosi che entrano nella fotocamera per formare l’immagine.
A parte i tipi più economici di macchine fotografiche che hanno diaframma fisso, viene adottato quasi universalmente il tipo a iride. Si tratta di una serie di lamelle concentriche incernierate su un anello e collegate meccanicamente in modo che il diametro dell’obiettivo si possa allargare o restringere, regolando così la luce che vi entra e finisce sulla pellicola (o sensore digitale). La misurazione dei valori di diaframma viene espressa con alcuni numeri inversamente proporzionali all'intensità luminosa. La scala dei numeri in genere è: 22 - 16 - 11 -  8 -  5,6 - 3,5 - 2,8 - 2 - 1,4   ma non è detto che tutti i valori siano presenti. Tali valori spessissimo nelle macchine moderne sono regolati automaticamente e quindi delle regolazioni del diaframma non c'è traccia all'esterno della fotocamera perchè il sistema automatico della fotocamera è in grado di selezionare da solo sia il valore di diaframma (cioè l'apertura dell'obiettivo) che sia il tempo di scatto (velocità di apertura dell'otturatore) in modo automatico in base alla quantità di luce ed al tipo di fotografia.


Il mirino

Quando vogliamo scattare una fotografia, dobbiamo sapere non solo in che direzione è rivolta la macchina fotografica, ma anche quale e quanta parte del soggetto risulterà racchiusa nell’immagine. Per questo motivo praticamente tutte le fotocamere sono fornite di un mirino.
Il sistema senza dubbio migliore è costituito dal vetro smerigliato posto sul dorso della macchina e che viene sostituito col materiale sensibile al momento dello scatto. In questo modo si è perfettamente sicuri di riprendere esattamente ciò che si è inquadrato e si ha un controllo perfetto sulla profondità di campo e della prospettiva, mentre risulta notevolmente semplificato l’esame degli elementi di disturbo dell’immagine, non sempre evidenti con gli altri tipi di mirini. Questo sistema viene però adottato unicamente su macchine di grande o medio formato da studio perché: primo, impedisce l’esecuzione di istantanee richiedendo necessariamente l’uso di un cavalletto; secondo, il vetro risulterebbe troppo piccolo per le 35 mm, rendendo praticamente inutile I’ assoggettarsi alle scomodità che questo metodo comporta.

Il mirino ottico

Il mirino ottico di una moderna reflexE’ il tipo più classico di mirino, costituito da un sistema ottico con una lente posteriore convergente (oculare) e da una anteriore divergente collegate come in un piccolo cannocchiale; per tale motivo viene definito anche mirino galileiano. Fornisce una immagine diritta, generalmente delle stesse dimensioni in cui si vede ad occhio nudo o un po' più piccola.
Nelle fotocamere reflex il mirino permette la visione diretta attraverso l'obiettivo grazie ad un pentaprisma e ad uno specchio posto a 45 gradi che permette di vedere esattamente quello che l'obiettivo della macchina fotografica  sta inquadrando. Al momento dello scatto un apposito meccanismo solleva lo specchio lasciando così libera la luce della scena inquadrata di andare a colpire  l'elemento sensibile (pellicola o CCD).
La visione reflex ci affranca dall’errore della parallasse, in quanto ci permette di osservare esattamente la stessa porzione di immagine che verrà poi impressionata sulla pellicola o sul sensore (nel caso delle fotocamere digitali).

La biottica

La Mamiya C330 una delel migliori reflex biottiche professionaliIl sistema biottico, oggi in disuso, consiste nell’affiancare l'obiettivo di ripresa con un secondo gruppo di lenti destionato solo alla visione della scena. Questo nuovo gruppo ottico può essere semplice o molto complesso, di dimensioni ridotte, tanto da rientrare nel corpo della macchina, o di dimensioni notevoli, tanto da avere l’aspetto di un secondo obiettivo. In quest’ultimo caso il mirino è quasi una fotocamera a sè stante con una propria camera oscura, con specchio di rinvio (fisso) e schermo di messa a fuoco.
Quest'ultima soluzione comporta però un errore di parallasse: l’immagine effettivamente ripresa e quella osservata nel mirino non coincidono esattamente perché differenti, sia pure di poco, sono i punti di vista. Questo non comporta nessuna difficoltà per le normali riprese, ma diventa problematico poter fare riprese molto ravvicinate. E’ esattamente la stessa cosa che capita se copriamo un occhio con una mano e poi l’altro. Si puo’ facilmente constatare come l’angolo di visuale sia leggermente differente.

Il display

In molte macchine fotografiche digitali il display è l'unico tipo di mirino disponibileLe macchine digitali hanno introdotto un nuovo tipo di mirino quello a display. L’avvento della miniaturizzazione elettronica e dei cristalli liquidi hanno reso possibile la realizzazione di piccoli schermi monitor posti dietro la macchina fotografica che riescono a dare una visione piuttosto precisa della scena da fotografare. Molte macchine fotografiche digitali moderne per problemi di dimensioni hanno adottato solo questo tipo di mirino finendo per eliminare  del tutto il mirino ottico. Tuttavia i display sono piuttosto delicati, hanno il problema di essere poco visibili quando la macchina fotografica viene usata in piena luce solare, ed a volte i cristalli liquidi si deteriorano creando sullo schermo dei fastidiosi puntini bianchi.

L’elemento sensibile

Il CCD di una moderna macchina fotograficaFino a qualche anno fa non aveva senso parlare di elemento sensibile: si parlava semplicemente di pellicola perchè era l’unico ‘elemento sensibile’ usato in campo fotografico.
Oggi nelle fotocamere digitali la pellicola è stata sostituita da un elemento elettronico sensibile alla luce. Ne esistono di due tipi con caratteristiche più o meno analoghe: i CCD e gli CMOS.

Senza addentrarci qui in complicate spiegazioni diremo che entrambi i tipi sono costituiti da alcuni milioni di microscopici elementi, detti pixel che, colpiti dalla luce della scena fotografata, emettono impulsi elettrici più o meno intensi in base all’intensità della luce che li colpisce, impulsi che vengono quindi trasformati in immagine da appositi circuiti elettronici. Maggiore è il numero dei pixel e migliore sarà la precisione con cui la scena fotografata verrà riprodotta nell’immagine. Quindi. tanto per fare un esempio, una macchina con 7 milioni di pixel (7 Megapixel) è in grado di creare un’immagine più precisa e dettagliata di una che abbia ad esempio 3 milioni di pixel. L’immagine quindi potrà essere ingrandita maggiormente prima che arrivi a ‘sgranarsi’. Va però chiarito che il numero dei pixel non influisce molto sulla qualità dell'immagine nelle normali fotografie, ma si fa sentire quando si effettuano degli ingrandimenti.
Anche la struttura della pellicola fotografica (nelle macchine che usano la pellicola) è costituita da microscopici granuli di composti di cloruri d’argento con cui si forma l’immagine: è la cosiddetta ‘grana’.

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